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Repertorio atto n. 184/CSR

Intesa, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sui requisiti minimi dei centri per uomini autori di violenza domestica e di genere.

Repertorio atti n. 184/CSR del 14 settembre 2022   

LA CONFERENZA PERMANENTE PER I RAPPORTI TRA LO STATO, LE REGIONI E LE PROVINCE AUTONOME DI TRENTO E BOLZANO

Nella odierna seduta del 14 settembre 2022:

VISTO l'art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, il quale prevede che, in sede di Conferenza Stato-Regioni, il Governo può promuovere la stipula di intese dirette a favorire il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni; VISTA la nota del 9 settembre 2022, diramata in pari data (prot. DAR 14459) con la quale il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza dei Consiglio dei ministri, ha trasmesso, ai fini del perfezionamento dell'intesa da parte di questa Conferenza, la bozza d'intesa sui requisiti minimi dei centri per uomini autori di violenza domestica e di genere; VISTA la nota del 12 settembre 2022, diramata in pari data (prot. DAR 14498) con la quale il Dipartimento per le pari opportunità ha trasmesso una nuova versione del provvedimento; 

VISTI gli esiti della riunione tecnica del 12 settembre 2022, a seguito della quale il Dipartimento per le pari opportunità, ha trasmesso tempestivamente un nuovo testo del provvedimento, che accoglie le richieste concordate nella suddetta sede tecnica, diramato in pari (prot. DAR 14557);

VISTA la nota del 14 settembre 2022, diramata in pari data (prot. DAR 14765) con la quale il Dipartimento per le pari opportunità ha trasmesso il testo definitivo del provvedimento; 

CONSIDERATO che, nel corso dell’odierna seduta di questa Conferenza, le Regioni e le Province autonome hanno espresso il parere favorevole al perfezionamento dell’intesa sul provvedimento nella stesura trasmessa in data odierna;

 ACQUISITO, quindi, l'assenso del Governo, delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano;    

SANCISCE INTESA

ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, nei seguenti termini:

Considerati:

  • la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica adottata a Istanbul l'11 maggio 2011;
  • la legge 27 giugno 2013, n. 77, con la quale l'Italia ha ratificato la suddetta Convenzione;
  • il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito   con modificazioni dalla legge 15 ottobre   2013, n.   119   recante «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché' in tema di protezione civile e di commissariamento delle province» e, in particolare, l’articolo 5;
  • il Piano Strategico Nazionale sulla violenza maschile contro le donne (2021-2023), presentato in Consiglio dei ministri il 18 novembre 2021, previo parere espresso dalla Conferenza Unificata in data 3 novembre 2021;
  • il decreto legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito con ì modificazioni dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, recante “Misure per il sostegno e il rilancio dell’economia” e, in particolare l’art. 26-bis;
  • la legge 30 dicembre 2021, n. 234, recante “Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022–2024” e, in particolare, l’art. 1, commi 661, 662, 663, 664, 665, 666, 669;
  • l’art. 1 della citata legge n. 234 del 2021, e in particolare, il comma 662 che prevede che “Il Ministro delegato per le pari opportunità, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, provvede annualmente, con proprio decreto, a ripartire tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano le risorse del Fondo di cui al comma 661, tenendo conto:
  1. a) della programmazione delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano e degli interventi già operativi per contrastare il fenomeno della violenza domestica e di genere e per favorire il recupero degli uomini autori di violenza domestica e di genere offrendo, al contempo, garanzie volte ad evitare la vittimizzazione secondaria o ripetuta, l'intimidazione o le ritorsioni, al fine di garantire la sicurezza delle vittime;
  2. b) del numero dei centri per il recupero degli uomini autori di violenza domestica e di genere e degli enti aventi le medesime finalità, comunque denominati, già esistenti in ciascuna regione e provincia autonoma, al fine di rendere omogenea la loro presenza a livello nazionale;
  3. c) della necessità di uniformare le modalità di intervento dei centri di cui ai commi da 661 a 667, con particolare attenzione alla necessità della continuità dell'operatività e alla standardizzazione delle modalità di azione e di trattamento da parte dei soggetti che gestiscono i centri e gli enti.”;

Ritenuta la necessità di definire i requisiti minimi dei centri per uomini autori di violenza ai fini della ripartizione delle risorse relative al Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità 2021-2022, come incrementate dall’art. 26-bis del citato decreto legge n. 104 del 2020, e dall’art. 1, commi 661 e 669, della citata legge n. 234 del 2021;

Ritenuto pertanto di dover procedere a garantire criteri omogenei a livello nazionale mediante l’individuazione di requisiti minimi dei centri per uomini autori di violenza;

SI CONVIENE

Art. 1

Definizione

  1. I Centri per Uomini autori o potenziali autori di violenza di genere, d’ora in poi definiti C.U.A.V., sono strutture il cui personale attua i programmi rivolti agli autori di atti di violenza domestica e sessuale e di genere, per incoraggiarli a adottare comportamenti non violenti nelle relazioni interpersonali, al fine di modificare i modelli comportamentali violenti e a prevenire la recidiva. Tali programmi possono essere realizzati sia all’interno sia all’esterno delle mura penitenziarie.
  2. I C.U.A.V. appartengono al sistema dei servizi antiviolenza pubblici e privati e lavorano tra loro in stretta sinergia.
  3. Si tratta di programmi che, in coerenza con la Convenzione di Istanbul, in particolare l’art. 16, hanno l’obiettivo di prevenire e interrompere i comportamenti violenti, riservando attenzione prioritaria alla sicurezza e al rispetto dei diritti umani della donna e dei/delle figli/e figli minori, di limitare la recidiva, di favorire l’adozione di comportamenti alternativi da parte degli autori, di far loro riconoscere la responsabilità mediante l’acquisizione di consapevolezza della violenza agita e delle sue conseguenze, nonché di promuovere relazioni affettive improntate alla non violenza, alla parità e al reciproco rispetto.
  4. I C.U.A.V. hanno come scopo prioritario una netta assunzione di responsabilità della violenza da parte degli autori e il riconoscimento del suo disvalore in quanto modalità relazionale e di risoluzione del conflitto, così come l’attuazione di un processo di cambiamento per il superamento degli stereotipi di genere e di ogni forma di discriminazione, disuguaglianza e prevaricazione.
  5. In conformità con quanto esplicitato nel Preambolo della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, i programmi per gli autori di violenza si basano sulla convinzione che sia possibile intraprendere un cambiamento, poiché la violenza nella maggior parte dei casi è un comportamento appreso e una scelta, che si possono modificare attraverso l’accompagnamento e la responsabilizzazione.
  6. I programmi di intervento dedicati agli autori di violenza, tenendo presente le caratteristiche specifiche delle singole situazioni, si orientano secondo i seguenti obiettivi:

–   assumere la responsabilità della violenza agita, attraverso la revisione critica degli atteggiamenti difensivi (negazione, minimizzazione, colpevolizzazione della vittima, uso degli stereotipi di genere);

–   sviluppare la percezione e la consapevolezza degli effetti dannosi che la violenza agita ha sulla salute delle persone, sulla funzione genitoriale, sul programma di crescita e sviluppo psicofisico dei bambini e delle bambine;

–   sviluppare la consapevolezza di sé, dell'altro e della relazione per migliorare la gestione degli impulsi, degli stati affettivi ed emotivi negativi e distruttivi, per ampliare il repertorio di capacità e strumenti relazionali costruttivi e cooperativi”;

–   promuovere una riflessione critica sulla identità maschile e sull’idea di virilità e le sue interconnessioni con la violenza di genere, anche destrutturando gli stereotipi e gli atteggiamenti ostili verso le donne.

  1. I C.U.A.V. possono essere costituiti secondo quanto disposto dall’art. 1, comma 663, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, e possono essere gestiti da:
  2. a) Enti pubblici e locali, in forma singola o associata;
  3. b) Enti del servizio sanitario;
  4. c) Enti ed organismi del Terzo settore che abbiano maturato comprovate esperienze e competenze nell’ambito degli interventi di presa in carico e accompagnamento degli uomini autori di violenza aiutandoli ad acquisire consapevolezza sulle conseguenze della violenza agita e nella riflessione su modelli relazionali paritari e sulla genitorialità positiva, per un periodo di almeno 3 anni consecutivi;
  5. d) soggetti di cui alle lettere a), b) e c) di concerto, intesa o in forma associata.
  6. Quale sia l’Ente gestore, ivi compresa un’istituzione pubblica, esso deve garantire il possesso di tutti i requisiti riportati nella presente Intesa, assicurando che i programmi siano realizzati da équipe dedicate, multidisciplinari, costituite da professionisti/e adeguatamente formati e aggiornati sul tema della violenza di genere e dell’intervento con gli autori come previsto all’art 4.
  7. Gli Enti e organismi del Terzo settore di cui al comma 7, lettera c), devono, inoltre:
  8. a) essere registrati, laddove previsto, nell’apposito RUNTS (Registro Unico Nazionale del Terzo Settore) quale registro telematico istituito presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali;
  9. b) avere nello Statuto tra gli scopi sociali o tra le finalità, in maniera prevalente, i temi del contrasto alla violenza contro le donne, coerentemente con gli obiettivi della Convenzione di Istanbul, e aver maturato un’esperienza almeno triennale nei programmi con uomini autori di comportamenti violenti.

Art. 2

Lavoro in rete

  1. Ai sensi dell’art. 1, comma 664, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, i C.U.A.V. operano in maniera integrata con la rete dei servizi socio-sanitari e assistenziali territoriali, tenendo al contempo conto delle necessità fondamentali per la protezione delle persone che subiscono violenza, anche qualora svolgano funzioni di servizi specialistici.
  2. Il C.U.A.V. mantiene rapporti costanti e funzionali, anche mediante la sottoscrizione di protocolli di rete, con le strutture cui compete la prevenzione e la protezione delle vittime e la repressione dei reati di violenza, quali Centri antiviolenza, Servizi sociali degli Enti locali, Servizi ospedalieri e specialistici del Servizio sanitario regionale, Servizi giudiziari, Forze dell’ordine, Tribunali, Ordini professionali, Istituti scolastici di ogni ordine e grado operanti nel territorio, garantendo l’unitarietà e la coerenza del programma e la continuità degli interventi.
  3. Il C.U.A.V.si deve dotare di una/un referente/responsabile organizzativo e gestionale per la pianificazione delle attività e il monitoraggio dei programmi, che si relaziona con i centri antiviolenza del territorio, i servizi sociali e con gli altri punti della rete di contrasto alla violenza di genere.

Art. 3

Requisiti strutturali e organizzativi

  1. L’immobile destinato a sede operativa del C.U.A.V. deve possedere i requisiti previsti dalla normativa vigente nonché gli altri requisiti previsti dalle normative regionali in materia di autorizzazione e/o accreditamento e deve essere organizzato in locali idonei a garantire le diverse attività nel rispetto della privacy.
  2. Il C.U.A.V. può articolarsi anche con sportelli, al fine di garantire l’accesso ai servizi offerti in modo diffuso sul territorio. L’accessibilità ai servizi è garantita da una presa in carico secondo le modalità condivise con il C.U.A.V. e sulla base della valutazione del rischio.
  3. Il C.U.A.V. garantisce sia un’apertura di almeno 2 giorni alla settimana, anche su appuntamento, per un minimo di 12 ore settimanali anche con fasce orarie differenziate, sia un numero di telefono e una casella di posta elettronica dedicati.
  4. Il C.U.A.V. adotta la Carta dei servizi esplicitando gli orari e i giorni di apertura e di accoglienza, nei locali dedicati e nelle modalità definite per tale attività.
  5. Al fine di assicurare la sicurezza delle vittime, nei C.U.A.V. si esclude in ogni caso l’applicazione di qualsiasi tecnica di mediazione tra l’autore di violenza e la vittima, e, nel caso in cui si realizzino attività che coinvolgono le vittime, come il “contatto partner”, si assicura la separatezza dei programmi e degli ambienti.
  6. Se lo stesso soggetto gestore si occupa sia di vittime di violenza che di autori di comportamenti violenti, è necessario che le strutture siano separate e distanti e che non siano gli stessi operatori/operatrici a seguire vittima e autore.

Art.  4

Personale: qualifiche e formazione

  1. Il C.U.A.V.si avvale di personale maschile e femminile specificamente formato ed assicura che qualsiasi interazione con la vittima di violenza sia tenuta da personale femminile specializzato sul tema della violenza di genere e sul lavoro con le vittime.
  2. All’interno dell’équipe di lavoro è richiesta multidisciplinarietà, garantendo la possibilità ai C.U.A.V. di fornire risposte adeguate a bisogni complessi. A tale scopo I C.U.A.V. possono avvalersi di una supervisione clinica a supporto del personale che realizza il percorso.
  3. L’équipe del C.U.A.V. è formata da almeno tre operatori/operatrici e deve comprendere almeno un/a professionista con la qualifica di psicoterapeuta o psicologo/a con una formazione specifica nel campo della violenza di genere.
  4. L'équipe può comprendere altre figure professionali quali educatore/trice professionale, assistente sociale, psichiatra, avvocato/a, mediatore/trice interculturale, mediatore/trice linguistico-culturale, criminologo/a.
  5. Le Regioni potranno comunque prevedere di valorizzare altre professionalità in possesso di adeguata formazione in relazione alle realtà operanti nel proprio territorio.
  6. La formazione/il curriculum formativo del personale deve prevedere un numero minimo di 120 ore, di cui almeno 60 di affiancamento alle operatrici/operatori impiegate/i nel C.U.A.V.(sia per i/le volontari/e che per il personale retribuito).
  7. Il C.U.A.V. deve garantire la formazione continua, di almeno 16 ore all’anno, per le figure professionali ivi operanti. Devono essere assicurate alle/agli operatrici/operatori (incluso il personale volontario) almeno 16 ore all’anno di supervisione professionale e tecnica.
  8. La formazione deve essere svolta da formatori con esperienza consolidata sul tema della violenza maschile contro le donne e nello specifico con gli autori di violenza.
  9. La formazione/il curriculum formativo del personale, opportunamente documentato, deve riguardare i seguenti temi:

-    la violenza di genere e la violenza assistita e agita sui minori, le responsabilità genitoriali, i significati attribuiti ai concetti di identità, ruolo, dinamiche di potere, stereotipi e pregiudizi implicitamente accettati nelle relazioni tra i generi;

-    i programmi specifici sul trattamento degli autori di violenza, i fattori e la valutazione del rischio, in un’ottica di prevenzione della recidiva, i meccanismi di negazione e minimizzazione, le principali teorie e approcci metodologici di intervento, le principali normative di riferimento, gli effetti della violenza sulle vittime, la teoria e le tecniche del colloquio, le metodologie utilizzate, la riflessione sulla propria storia e sul proprio rapporto con ruoli e identità di genere, la supervisione individuale e d’équipe e il lavoro di rete;

-    capacità di costruire una relazione con gli autori, e di motivarli e decostruendo le forme di resistenza al programma;

-    capacità di lavorare in modo rispettoso, senza colludere con abusi o manipolazioni;

-    competenze culturali e linguistiche;

-    impegno per relazioni prive di violenza e per l'uguaglianza di genere;

-    capacità riflessiva sulle proprie esperienze e della propria comprensione della violenza.

Art. 5

Prestazioni minime garantite

  1. Il C.U.A.V. deve garantire le seguenti prestazioni minime che potranno essere attuate sia in ambito territoriale che all’interno degli Istituti di pena, in raccordo e collaborazione con gli stessi e nel contesto di programmi opportunamente riadattati all’ambito.
  2. a) Accesso ai servizi

Possono accedere ai C.U.A.V. utenti di età superiore ai 18 anni. Il primo accesso informativo è senza oneri a carico del cittadino, per i successivi servizi resta fermo quanto disposto dall’art. 6 della legge 19 luglio 2019, n. 69.

In deroga a quanto sopra, i C.U.A.V. potranno accogliere anche autori minorenni purché abbiano implementato attività specifiche loro rivolte e siano debitamente autorizzati all’accoglienza da chi esercita la responsabilità genitoriale o dal servizio pubblico che ha in carico il caso (es U.S.S.M.).

Il primo accesso viene effettuato tramite centralino telefonico, mail, segnalazioni da parte dei Servizi della rete o giudiziari, colloqui informativi e/o conoscitivi.

Anche nel caso di segnalazione da terzi, ivi compresi legali di parte o Servizi pubblici, è necessario che il contatto e le richieste di intraprendere il programma provengano direttamente dall’interessato.

Si accede al C.U.A.V. anche attraverso programmi di reinserimento e recupero di soggetti condannati per reati sessuali o per maltrattamento contro familiare-convivente (partner), nelle modalità e per le finalità previste dall’art. 6, comma 1 e 2, e dell’art.17 della Legge 19 luglio 2019, n.69, o nell’ambito di misure alternative previste dall’Ordinamento penitenziario.

L’accesso ai servizi proposti dal C.U.A.V. può essere certificato solo dopo la fase di valutazione mirata a stabilire se esistano le condizioni necessarie per l’avvio di un programma.

  1. b) Colloqui di valutazione

I colloqui di valutazione iniziali sono finalizzati a verificare che sussistano le condizioni necessarie per l'avvio del programma.

Gli interventi previsti in questa fase sono svolti anche in raccordo e collaborazione con i servizi sociali, sanitari e del Terzo settore coinvolti nella rete territoriale dei servizi antiviolenza al fine di predisporre un programma che abbia come priorità l'interruzione della violenza, la sicurezza ed il supporto alle vittime.

La valutazione, svolta con gli strumenti tipici di ogni figura professionale e con strumenti di valutazione del rischio, avrà come oggetto la qualità ed il livello della motivazione, la presenza di condizioni non trattate ostative l'intervento (dipendenze patologiche, disturbi psichiatrici, deficit psicofisici inabilitanti la soggettività ecc..), l'intenzione e la concreta possibilità di partecipare agli interventi proposti per tutta la durata del programma.

Nel caso di utenti provenienti da altre nazioni, il C.U.A.V. valuterà anche la presenza dei requisiti minimi di comprensione della lingua italiana e/o la possibilità di disporre di figure di mediazione linguistico-culturale e di materiale informativo plurilingue.

L'impossibilità di accoglimento della richiesta per mancanza delle condizioni necessarie deve essere comunicata con congruente argomentazione all'utente e all'eventuale soggetto inviante (pubblico o del privato sociale) autorizzato a riceverne notizia. Dovrà essere, altresì, comunicata una eventuale adesione inadeguata o incompleta al programma.

Il C.U.A.V. può attestare che l’utente ha intrapreso ovvero ha concluso un programma. Tale attestazione non ha valore di valutazione del programma e/o del cambiamento effettivo dell’autore di violenza.

  1. c) Presa in carico (individuale e/o di gruppo)

I C.U.A.V. attivano programmi che possono prevedere interventi e attività sia individuali che di gruppo, con la finalità di modificare i modelli comportamentali violenti, di favorire l’adozione di comportamenti non violenti nelle relazioni interpersonali e di prevenire nuove violenze; essi devono inoltre prevedere una durata minima di 60 ore, su un arco di almeno 12 mesi. L'articolazione del programma, la modalità di svolgimento e la sua durata sono definite dall'équipe osservante e dall’operatore che ha in carico il soggetto sulla base di elementi caratterizzanti la singola situazione.

Il programma è attivato sulla base di un’adesione consapevole da parte dell’utente, anche attraverso la stipula di un contratto tra il C.U.A.V. e l’autore una volta appurata la motivazione a intraprendere il programma.

  1. d) Valutazione del rischio

Il C.U.A.V. procede alla valutazione del rischio, che deve essere realizzata in maniera sistematica avvalendosi di procedure standardizzate o validate a livello internazionale, tenendo conto del carattere statico e dinamico dei fattori di rischio della violenza.

La valutazione del rischio viene intrapresa e documentata nella fase d’inserimento, durante il programma a scadenze prefissate e in ogni altro momento in cui il comportamento dell’autore o la situazione indichino la possibilità di un cambiamento nel livello di rischio, nonché a conclusione del programma.

La valutazione del rischio include il maggior numero possibile di fonti di informazione, in particolar modo il punto di vista della compagna o ex compagna, ma anche le segnalazioni della polizia e le informazioni provenienti da ogni altro tipo di ente/servizio che si occupi dell’autore o della sua famiglia (Autorità Giudiziaria, Forze dell’Ordine, Servizi sociali e/o sanitari, ecc.).

Il C.U.A.V. sottoscrive e adotta protocolli sulla valutazione congiunta del rischio con altri enti della rete di protezione delle vittime di violenza e di figlie/i minori.

Il C.U.A.V. segnala con tempestività alle autorità competenti le situazioni per le quali rilevi un concreto rischio di aggressione o di escalation della violenza da parte di autore partecipante al programma.

Ai fini di garantire la sicurezza della donna vittima di violenza, il soggetto gestore metterà in atto ogni adempimento necessario volto a garantire la riservatezza e la non circolazione delle informazioni acquisite direttamente dalle donne e/o da chi opera con esse (es. Centri antiviolenza), evitando in ogni caso che queste siano condivise con l’autore della violenza.

  1. e) Attività di prevenzione primaria

I C.U.A.V. organizzano attività di prevenzione, sensibilizzazione e formazione rivolte alla comunità attraverso incontri sul territorio o nelle scuole. I professionisti del C.U.A.V., inoltre, organizzano e partecipano a interventi formativi in collaborazione con tutti i referenti della rete di contrasto alla violenza di genere presenti sul territorio (Servizi socio-sanitari, Enti Locali, compresi servizi/enti invianti) per la diffusione della cultura della prevenzione e del contrasto della violenza di genere e domestica.

Art. 6

Sicurezza delle vittime

  1. La sicurezza delle donne rappresenta l’obiettivo prioritario dei C.U.A.V. e deve essere garantita mediante l’adozione di procedure specifiche. Tra queste, il “contatto della partner” deve essere realizzato previo consenso della donna vittima di violenza ed è finalizzato a comunicarle – in maniera diretta o, laddove possibile, per il tramite dei Servizi che l’hanno in carico - adeguate informazioni sull’accesso del suo partner o ex partner al C.U.A.V., sul contenuto e i limiti del programma da questi intrapreso, sui rischi di manipolazione che l’autore potrebbe agire nei suoi confronti e sull’eventuale interruzione anticipata del programma.
  2. Il C.U.A.V. dedica particolare attenzione al riconoscimento dei danni provocati ai/alle figli/e a causa dei comportamenti violenti (direttamente o indirettamente agiti su di essi) e al recupero delle capacità genitoriali ed educative, poiché i minori che vivono in contesti in cui sono messi in atto comportamenti violenti risentono sempre della violenza cui assistono o che subiscono, spesso con gravi danni che si ripercuotono nell’età adulta. Il lavoro del C.U.A.V. prevede la collaborazione per la messa in campo di azioni di protezione rivolte ai minori, quali la valutazione del rischio, e qualsiasi altra attività finalizzata alla messa in sicurezza dei minori nel rispetto della normativa vigente, in stretta sinergia con i Servizi sociali titolari della cura e tutela minori e in raccordo con gli altri attori pubblici e privati della rete antiviolenza localmente presente.

Art. 7

Attività di verifica e monitoraggio – Flusso informativo

  1. I C.U.A.V. svolgono attività di raccolta dati nel rispetto della riservatezza e dell’anonimato degli utenti, e partecipano all’attività di raccolta di informazioni, ricerca e analisi sia quantitativa che qualitativa, su base territoriale, regionale o provinciale se prevista, al fine di contribuire all’alimentazione di un sistema di monitoraggio e osservazione sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne nelle sue varie forme, anche sulla base delle disposizioni e indicazioni di rilevazione proposte dal Dipartimento per le pari opportunità, dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, dall’Istituto nazionale di statistica e dalle Regioni.
  2. Ogni C.U.A.V. si dota di modalità di registrazione e documentazione dei programmi proposti e realizzati, specificando il tipo di violenza agita e di rilevazione degli esiti e degli eventuali abbandoni.
  3. Il C.U.A.V. realizza un’attività di follow up dei programmi, anche al fine di prevenire la recidiva del comportamento violento.

Art. 8

Trattamento dei dati personali

  1. Il trattamento dei dati personali relativi agli utenti dei C.U.A.V. avviene nel rispetto delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali, nonché del regolamento UE n. 679 del 2016 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali.
  2. I dati saranno conservati nel rispetto della predetta normativa per il tempo strettamente necessario al conseguimento delle finalità per i quali sono stati trattati. Gli stessi dati potranno essere conservati per periodi più lunghi esclusivamente per fini statistici o di archiviazione.

Art. 9

Accesso ai finanziamenti

  1. I C.U.A.V. possono essere destinatari di finanziamenti pubblici al fine di garantire costantemente la propria attività sul territorio in collegamento con tutti i nodi della rete di contrasto alla violenza di genere.
  2. I C.U.A.V., beneficiari di finanziamenti, ai sensi del citato. art. 26-bis del decreto n. 104 del 2020, devono garantire, a pena di revoca delle risorse pubbliche assegnate e di decadenza dagli elenchi e/o registri regionali dei Centri per uomini autori di violenza o potenziali autori di violenza, qualora presenti, l’attività per un periodo di tempo di almeno pari a quello per il quale è stato erogato il finanziamento.
  3. Il rispetto dei requisiti previsti dalla presente Intesa costituirà condizione necessaria per l’accesso ai fondi di cui all’adottando decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) in attuazione del summenzionato art. 26-bis e dell’, l’art. 1, commi 661, 662, 663, 664, 665, 666, 669 della legge 30 dicembre 2021, n. 234 e per i successivi DPCM che saranno adottati per la medesima finalità.

Art. 10

Elenchi e/o registri regionali dei Centri per Uomini autori o potenziali autori di violenza

  1. Le Regioni si possono dotare di appositi elenchi e/o registri, periodicamente aggiornati, in cui sono iscritti i Centri per uomini autori di violenza o potenziali autori di violenza, in possesso almeno dei requisiti previsti dalla presente Intesa.
  2. Le Regioni e le Province Autonome trasmettono al Dipartimento per le pari opportunità, entro il 30 marzo di ogni anno, i dati aggiornati sul numero dei C.U.A.V. operanti sul territorio in possesso dei requisiti minimi di cui alla presente Intesa ed inseriti negli appositi elenchi/Albi regionali di cui al comma 1.

Art. 11

Riesame dell’Intesa

  1. Entro tre anni dall'entrata in vigore della presente Intesa, il Dipartimento per le pari opportunità, previa consultazione delle Regioni, degli Enti locali, delle principali associazioni di settore, tenendo conto, altresì, dell'impatto derivante dall’implementazione dei programmi di recupero, procede a riesaminare gli standard descritti all’art. 5.

Art. 12

Norma transitoria

  1. I C.U.A.V. operanti sul territorio alla data della presente intesa potranno avvalersi di un periodo transitorio, della durata di 18 mesi, per l’adeguamento ai requisiti della presente Intesa.

Per saperne di più

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